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Adamo Modesto
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Nato in Abruzzo nel 1936, e diplomato Maestro D’Arte nel 1957 presso l’Istituto d’Arte di Chieti, Adamo Modesto ha potuto contare su insegnanti di notorietà internazionale come Cascella e Leoncillo.
Inizialmente molto attivo nel campo della ceramica d’arte, ha acquisito dall’ 86 la tecnica digitale, che egli pratica tutt’ora. Su queste due diverse e successive fasi della sua operatività ha partecipato dal ’58 a un grande numero di collettive in Italia, nonché in Belgio, Brasile, Emirati Arabi, Olanda, Portogallo, Spagna, Ungheria. Ha tenuto personali in Italia e il suo lavoro è stato trasmesso, nel 2005, nel servizio televisivo di RAI EDUCATIONAL “Il sogno di Adamo”.
Molte volte premiato, ha realizzato sculture in marmo per la Direzione Generale dell’INPS a Roma, e pannelli in ceramica per il porto di Civitavecchia e per la base spaziale di Cape Canaveral, USA.
Le sue recenti “Cartostrutture” (sculture ottenute con l’impiego di cartoni riciclati) sono state presentate in catalogo nel 2006 da Mirella Bentivoglio e hanno ottenuto Nel 2008 il primo premio al concorso nazionale d’arte della città di Novara
I miei “CARTONI” di Adamo Modesto.
Per comprendere meglio le mie opere dobbiamo per prima pensare alla mia formazione artistica. Studio all’istituto d’arte di Chieti e mi diplomo nella sezione ceramica sotto la guida di valenti insegnanti come Cascella, Mondini, Leoncillo ed altri. Sezione ceramica, e qui forse il perno dove iniziò a girare la mia passione per l’ arte. La materia prima per la produzione di ceramiche è l’argilla, che nella mia città di Chieti trovavo in grande quantità, vicino casa, e gratis, sicuramente ha contribuitolo ad educarmi alla ricerca di nuove tecniche e sperimentare nuovi materiali di facile reperimento ed a basso costo. Siamo ora in un era di civiltà dei consumi: con molti materiali di scarto ad ogni angolo; e qui che cerco di trovare nuove idee per esprimermi artisticamente. Da principio incominciai a costruire opere inserendo insieme ai prodotti classici, materiali come sabbie, resine, fili di ferro, fili di lana (avanzi di lavori di mamma Antonietta) per arrivare recentemente a materiali più consoni alla scultura, i cartoni. Il cartone, oggetto di protezione, pertanto “scorta” a materiali più importanti, viene oggi abbandonato al suo destino non appena finito il turno di servizio.. E qui intervengo io, recluto la “scorta” dopo averla selezionata, per dar loro una seconda vita più importante e duratura. In quest’ottica si può capire come il cartone, maggiormente quello di recupero, è stato il nuovo punto di partenza per una nuova ricerca, che tutt’oggi mi vede impegnato nella realizzazione di opere dal piccolo formato alla scultura di piazza. Le opere che ho realizzato con materiali di recupero sono tantissime, ma in questo piccolo spazio ho voluto riprodurre solamente le immagini di alcuni lavori più recenti.
NOTE CRITICHE
Le CARTOSTRUTTURE di Adamo Modesto” di Mirella Bentivoglio La promozione estetica di un materiale povero, in piena fedeltà alle sue caratteristiche cromatiche e strutturali, iniziò, prima di tutto, con i libri futuristi di latta, negli anni Trenta; poi, con i sacchi di Burri. Con le “litolatte” marinettiane il materiale che dà forma al contenitore usa e getta di cibi, si dichiarava idoneo a costruire un contenitore di concetti, il libro; e con Burri un ruvido tessile, strappato alla funzione di tutelare merce povera come carbone e patate, rimpiazzava improvvisamente la tela del pittore soverchiandone il ruolo di supporto e ponendosi come indiscusso protagonista. Due rivoluzioni semiologiche, due avvii alla scoperta delle potenzialità espressive di qualsiasi materiale, con le sue proprietà anche simboliche e la sua disponibilità a offrirsi come nuovo mezzo di comunicazione poetica.
Queste le premesse storiche; molti qua e là i tentativi. In questi ultimi anni, un artista romano che risponde pienamente al significativo nome di Modesto ( davvero i cognomi influenzano il comportamento di chi li porta, o si tratta di magiche coincidenze?) ex ceramista, ex allievo di Leoncillo, ha rivolto il suo interesse creativo al cartone da imballo. Sulle orme di quei grandi predecessori; perché contenere, incassare, imballare, sono atti paralleli. Come la latta e i sacchi, anche i cartoni sono materiali di secondo grado, segnati dallo stadio industriale della storia. Come la latta e i sacchi, i cartoni hanno una funzione di contenitore, protettiva; ma, a differenza dei sacchi, sono semirigidi, adatti allo scultore come i sacchi al pittore.
odesto con i cartoni compone rilievi, assemblaggi, scatole-sculture, libri-oggetto, paesaggi urbani o composizioni astratte; irradianti, a nido d’ape, o labirintiche, a segmenti. Del cartone conserva in genere il colore, così simile a quello dell’abbandonata ceramica, ma a volte lo ricopre, con vernice bianca o addirittura aurea, non tanto in omaggio al maxi orafo Pomodoro quanto forse per significare il miracolo di trasformazione di ogni opus alchemica. Col cartone risolve anche problemi pratici. La fragilità, il peso, il costo dei trasporti. E ne lascia bene in vista il gioco interno, quello delle pieghettature che imbottiscono le superfici. Perché il cartone da imballo è “armato”, proprio come il cemento delle costruzioni, ma tautologicamente armato di cartone. E queste sfrangiature di ombre, che orlano i contorni delle sagome, evidenziando l’apertura dei tunnel dell’interna ondulazione, provano la veridicità di ciò che in tempi lontani mi disse Modesto: che Leoncillo aveva adottato la tecnica del sezionamento di opere di materiale argilloso non ancora cotte, perché influenzato dagli esperimenti condotti allora in questo senso dal suo allievo Modesto. Risale infatti a quegli anni l’assunzione di questo procedimento da parte del grande ceramista. La rivelazione del gioco di pieni e vuoti, la confessione di ciò che in genere rimane nascosto dall’epidermide, la visibilità delle interiora, il tutto grazie al taglio netto. Procurato ora da Modesto sui cartoni con lame, come allora sull’argilla con filo di ferro. Ma prima di giungere ai cartoni, questo artista aveva sperimentato su molte materie, anche sul tradizionale marmo (si vedano i suoi pannelli per la Direzione dell’INPS, all’EUR) prima che il processo di, diremo, democratizzazione delle materie, di riabilitazione antiaccademica dei media quotidiani, lo allontanasse dalla pietra come dalla terra. In un certo senso, ciò che egli oggi usa ha sommato due tra i suoi primi alterni interessi: la carta di giornale e la terra. Perché ricordo, degli anni Sessanta, i sui collages di pagine stampate, la ragione appunto per cui lo avvicinai, in cerca come sempre ero di sperimentatori della scrittura, anche della scrittura trovata. Non può quindi sorprendere che poi, dagli anni Ottanta, Modesto sia stato un pioniere della digital art. Creò cortocircuiti tra forme di architetture urbane e forme alfabetiche, e ritrovò nelle corrosioni dei muri che andava golosamente fotografando e poi digitando sul suo schermo, non solo i valori materici della perduta ceramica, ma curiose inconsce emersioni di anonime paleoscritture. Tuttavia, la digital art metteva a tacere la sua ricca manualità plasticatrice. Ecco allora che l’uso del cartone ha riscattato le possibilità del tocco formatore, e insomma del gesto. Un ritorno diverso, personale, conclusivo, ai valori su cui si era addestrato nella sua giovinezza.
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