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Al periodo veneziano
risalgono almeno tre capolavori destinati a sancirne la
gloria: la pala di San Giovanni Crisostomo, la colossale
tela col Giudizio di Salomone e le ante d’organo di San
Bartolomeo con quattro santi a grandezza naturale, che
potremo tutte ammirare in mostra, le ultime menzionate
solo nella sede romana. A queste si aggiunge il
capolavoro in piccolo della Vergine saggia, anch’esso in
mostra.
Nel
1511, su invito del banchiere senese Agostino Chigi,
Sebastiano si trasferisce a Roma e si trova a
confrontarsi con la maestosità delle Stanze di
Raffaello, il pittore per antonomasia, e con la volta
della Sistina di Michelangelo.
Del
secondo diventa amico e quasi strumento per arginare la
fama del rivale urbinate. Questo sodalizio risulterà
decisivo per Sebastiano, perché gli permetterà di
avvalersi di schizzi d’insieme e studi di figure dello
stesso Michelangelo per alcuni suoi capolavori, quali le
due grandi tavole di Viterbo con la Pietà e la
Flagellazione, anch’esse presenti eccezionalmente in
entrambe le sedi della mostra.
Peraltro, la presenza in mostra di alcuni dei disegni
michelangioleschi offrirà un’occasione unica di
confronto con la grafica autonoma dell’artista
veneziano.
Grazie alla rara generosità delle istituzioni prestanti,
sarà possibile apprezzare tutte le tappe dell’evoluzione
stilistica di Sebastiano, dal calore cromatico degli
inizi, all’astrazione geometrica della maturità, ai toni
cupi dell’ultimo periodo della carriera.
Di questa affascinante galleria figurativa faranno parte
la Sacra Conversazione del Metropolitan Museum di New
York, degli anni veneziani, l’enigmatica Dorotea di
Berlino, la solenne pala con la Sacra Famiglia in un
paesaggio della Cattedrale di Burgos, il Cristo
portacroce col Cireneo del Prado.
È
d’altro canto nel ritratto, che si coglie il timbro
originale di questo artista della prima metà del
Cinquecento, un artista capace di dare inconsueta
imponenza, con opere spesso a grandezza naturale, ai
soggetti dei propri dipinti.
Dal
formidabile quadro dei primissimi tempi romani, il
Cardinal Ferry Carondolet col segretario, prestito
sontuoso del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, al
Ritratto di umanista della National Gallery of Art di
Washington, dal Ritratto di Anton Francesco degli
Albizzi del Museum of Fine Arts di Houston all’Andrea
Doria della collezione dei principi Doria a Genova, dal
´giorgionesco` Ritratto d`uomo in arme di Hartford al
Ritratto di giovane barbato di Austin, accattivante
opera di piccolo formato. Dotato di talento certo non
inferiore a quello dei massimi protagonisti del
Rinascimento, Sebastiano fu nei fatti il ritrattista di
papa Clemente VII.
Il
pontefice Medici si offre al visitatore di questa mostra
nelle sue due “facce”: glabro prima del sacco di Roma
(1527), nella grande tela, e con barba nello studio su
lavagna, entrambe opere del Museo e Gallerie Nazionali
di Capodimonte a Napoli.
Il forte ascendente esercitato dal pittore veneziano ben
oltre i confini del suo secolo, che segna dal punto di
vista iconografico e stilistico l’intera età
post-tridentina, è testimoniato dalla presenza in mostra
di opere di alcuni artisti spagnoli e italiani, nella
cui produzione è chiaramente evidente l’influenza
sebastianesca.
L’esposizione
della quasi totale produzione grafica di Sebastiano,
divisa in due serie distinte per le due sedi di Roma e
Berlino, contemplanti ciascuna una ventina di fogli, dà
ulteriore valore al carattere monografico
dell’iniziativa, in cui, rispetto alla produzione
completa dell’artista mancheranno appena una dozzina
d’opere (tra queste la colossale e inamovibile
Resurrezione di Lazzaro oggi alla National Gallery di
Londra, commissionata all’artista dal cardinal Giulio
de’ Medici, futuro Clemente VII, in contemporanea alla
Trasfigurazione di Raffaello oggi alla Pinacoteca
Vaticana).
Il visitatore dell’esposizione nella sede romana,
infine, avrà l’opportunità di completare il percorso di
scoperta di Sebastiano del Piombo (l’appellativo gli
deriva dalla funzione di responsabile dei sigilli alla
corrispondenza papale, assunta nel 1531) con ulteriori
opere di grande formato e per loro natura
intrasportabili.
Si fa
riferimento ai cicli d’affreschi dipinti su commissione
del mèntore Agostino Chigi nella Villa della Farnesina
(1511-12), un lavoro nel quale Sebastiano si confronta
per la prima volta con Raffaello, e agli affreschi della
cappella del mercante fiorentino Pierfrancesco
Borgherini, nella Chiesa di San Pietro in Montorio al
Gianicolo (1516-24), con la Flagellazione sulla parete
di fondo e la Trasfigurazione nella calotta absidale,
per le quali pitture Sebastiano del Piombo si avvalse di
progetti grafici di Michelangelo.
Nella
Chiesa di Santa Maria del Popolo è conservata, invece,
la gigantesca pala su ardesia dedicata alla Natività
della Vergine, altra commissione di Agostino Chigi.
Fonte:
www.romeguide.it
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