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in un solco di indagine che il Chiostro del Bramante
persegue da tempo, sui movimenti e sulle figure più
importanti dell’arte italiana, che ebbero un ruolo
centrale nel dibattito internazionale. Con questa mostra
si inaugura anche una collana editoriale intitolata ai
“Grandi Artisti Italiani”.
Le ultime rassegne italiane dedicate all’impressionismo e
ai suoi artisti hanno approfondito la presenza dei tre
italiens de Paris, De Nittis, Zandomeneghi e Boldini,
all’interno della cultura impressionista e rivalutato il
loro contributo al successo dell’arte francese. A
differenza di De Nittis, che non interruppe mai i rapporti
con l’Italia, Zandomeneghi restò invece esclusivamente
legato all’ambiente parigino, e non a caso partecipò dal
1879 a tutte le mostre impressioniste, tanto che dei tre
“italiani di Parigi” è quello che ha avuto i legami più
duraturi e profondi con l’ambiente impressionista e
post-impressionista.
E’ quindi ora perfettamente lecito presentare l’artista
italiano come una voce singolare della nouvelle peinture,
sia pure temperata dai richiami alle proprie radici nella
scuola veneta e toscana.
La vicinanza dei temi, come le immagini della toilette
femminile, i paesaggi parigini, le figure in interno, sono
solo un tassello, importante ma non esclusivo, di quella
trama di suggestioni tra impressionismo e
post-impressionismo, nelle quali si considera ora
necessario inserire l’arte di Zandomeneghi. Finora infatti
gli studiosi italiani hanno insistito soprattutto nel
“riprendersi” (secondo l’espressione di Raffaello Giolli)
la sua arte per recuperarla all’interno del contesto
italiano, sottolineando il suo ruolo di artista ponte tra
la scuola veneta e quella macchiaiola, tra quella toscana
e quella francese. Più recentemente invece, mentre si
delinea la nozione di un “impressionismo” italiano, si
mira a contestualizzare l’artista nel più ampio panorama
europeo gravitante su Parigi e forse è arrivato il momento
di guardare a Zandomeneghi attraverso la quotidianità
dell’ambiente parigino in cui dal 1874 ha vissuto
ininterrottamente fino alla morte.
Il
progetto si articola quindi su 100 circa tra dipinti e
pastelli di Zandomeneghi, accompagnati da una trentina di
suoi disegni, che permetteranno da una parte di studiare
il passaggio dall’abbozzo all’opera finita, dall’altra di
delineare appunto quel particolare senso del disegno che
soprattutto nella cerchia di Degas è elemento
caratterizzante di un certo clima impressionista. Accanto
alla selezione di Zandomeneghi vengono inserite a
confronto opere di artisti francesi, come i disegni
dell’amica, modella e pittrice Suzanne Valadon, dipinti di
Renoir, Guillaumin, Sisley, Pissarro, pastelli di Degas,
grafiche di Toulouse-Lautrec, visualizzando così la fitta
trama di riferimenti e suggestioni tra Zandomeneghi e i
suoi amici impressionisti.
La mostra sarà suddivisa in sedici sezioni tra cui:
1. Il periodo macchiaiolo
Il percorso della mostra non si snoda cronologicamente, ma
si costruisce per temi che riprendono i soggetti preferiti
dall’artista e dai suoi amici impressionisti, presentando
però un’importante apertura dedicata al momento essenziale
del periodo italiano, ossia la sua frequentazione
dell’ambiente macchiaiolo a Firenze. La sensualità
cromatica della tradizione si coniuga in Preparativi
(1873, Istituto Matteucci Viareggio) con il chiaroscuro
marcato e netto della scuola fiorentina, le cui lezione
sulla luce fa da base ai successivi esperimenti
luministici parigini.
2. Parigi e la pittura en-plein-air
La Parigi di Zandomeneghi non è la Parigi elegante,
mondana e internazionale celebrata da De Nittis e Boldini,
ma si racchiude nel quartiere bohèmien per eccellenza,
Montmartre, dove l’artista viveva a fianco di
Toulouse-Lautrec e della artista e modella Suzanne Valadon,
ritratta in molte opere di Renoir, Lautrec, Puvis de
Chavannes e Zandomeneghi.
Montmartre possedeva ancora in quegli anni un carattere
popolare e periferico, la cui atmosfera si adatta
perfettamente a Zandomeneghi, i cui soggetti preferiti
illustrano sempre un ambiente domestico e familiare.
Dipinti come Il Moulin de la Galette (Fondazione Enrico
Piceni, Milano), Place d’Anvers (Galleria Ricci Oddi
Piacenza) o ancora Casetta a Montmartre (Galleria
Nazionale d’Arte Moderna Roma) non ricreano così solo il
suo palcoscenico quotidiano ma testimoniano anche il
graduale avvicinamento alla poetica impressionista della
pittura en-plein-air, reso più profondo dai vincoli
d’amicizia con paesaggisti puri come Pissarro e Guillaumin.
Accanto alle vedute parigine gli esterni di Zando si
arricchiscono dei paesaggi della campagna francese della
Chevreuse, dove trascorreva le vacanze.
Il puntinismo atmosferico di Zandomeneghi evidente in
molte creazioni, come ad esempio in Riposo sul prato
(collezione privata) trova un’evidente corrispondenza
nello stile di molti pittori impressionisti, nella poesia
discreta di Alfred Sisley (Il canale del Loing a Moret,1882,
collezione privata) o all’estremo opposto nella forza
cromatica e materica di Pissarro, Guillaumin, Gauguin.
L’artista italiano fu infatti sempre attento a cogliere le
molteplici inflessioni della “scuola” impressionista,
anche nel suo sfaldarsi verso il post-impressionismo del
pointillisme e della scuola di Pont-Aven.
2. La donna di Zandomeneghi e la moda parigina
Per molti anni Zandomeneghi fu attivo come disegnatore di
figurini per le riviste di moda parigine. L’artista si
piegò malvolentieri a questo impiego che gli portava via
tempo per la pittura ma che d’altro canto era il suo
sostentamento, e non è stato ancora possibile individuare
questi lavori per la moda. Tuttavia è indiscutibile che la
figura femminile è il soggetto principale dell’arte di
Zandomeneghi e che le sue figure, tanto in interni che in
esterni, risentono notevolmente dell’influsso della
moderna raffigurazione dell’eleganza diffusa propria
attraverso le riviste di moda, che del resto si offrivano
come spunto di riflessione e studio anche agli artisti
francesi non solo impressionisti.
La descrizione delle toilettes, degli elaborati cappelli,
dei gesti tipici della moda, come l’indossare i guanti, o
muovere il ventaglio, occupa un posto di rilievo nella sua
produzione, e a questo filone appartengono molte delle sue
opere più celebri, come Serata di gala (collezione
privata) o Il thé (Collezione Sacerdoti, Milano).
3. Il nudo
La vicinanza di Zandomeneghi a Degas, con il quale
condivideva l’amore per il disegno, i valori lineari e il
pastello, si esprime essenzialmente nelle scene di nudo,
per lo più ambientate in interno, che colgono giovani
donne nei gesti quotidiani del risveglio e della toeletta.
Una creazione esemplare come La tinozza (collezione
Sacerdoti Milano) dichiara esplicitamente il richiamo a
Degas e al gruppo di artisti a lui legati, a partire da
Jean-Louis Forain (La tinozza, Tate Gallery Londra) e
Toulouse-Lautrec, per il modus corsivo e graffiante con
cui è delineata la figura accovacciata. Ma Zandomeneghi
non si ferma esclusivamente a Degas e, come per tutti i
suoi soggetti, anche nel nudo non mancano i riferimenti
all’altra grande corrente impressionista, quella dei
“coloristes” di Renoir, il cui gusto cromatico l’artista
veneziano ammirava incondizionatamente. “Che lusso, che
aristocrazia, che sfarzo di gemme semine nelle tele! Com’è
delicato, com’è femminile, insomma com’è artista” scrive
nel 1883 all’amico Diego Martelli.
4. La natura morta
L’attenzione alla pittura di Renoir viene sottolineata
dalla scelta di Zandomeneghi di dedicarsi negli ultimi
alla natura morta e alla pittura di fiori, generi
tipicamente francesi, come osservava lo stesso
Zandomeneghi, che certamente conosceva anche la lezione di
Cézanne. E come in Renoir, il trionfo vitalistico dei
fiori (Il bouquet di fiori, collezione privata) si
contrappone all’accento volutamente povero delle nature
morte con i pesci (Piatto con pesce, Collezione Sacerdoti,
Milano) dove la suggestione del colore e la finezza del
tratto riscatta la modestia del soggetto.
Il ricco catalogo presenta i contributi dei due curatori,
sul percorso stilistico e tematico di Zandomeneghi,
accompagnati dai saggi di Mimita Lamberti sull’ambiente
impressionista e Maria Luisa Rizzini sulla moda parigina,
mentre i testi di Ugo Bazzotti, Maria Grazia Piceni,
Ippolito Edmondo Ferrario illustrano il mondo e il
fenomeno del collezionismo di Zandomeneghi, da Durand-Ruel
alle grandi collezioni storiche come Mondadori, Piceni,
Sacerdoti. Il testo di Giovanni Federico Villa è dedicato
invece agli esiti della campagna di analisi
reflettografica portata avanti dall’Università di Bologna
negli ultimi anni, che ha permesso di studiare, attraverso
il disegno preparatorio sottostante la materia pittorica,
il processo creativo di Zandomeneghi nelle sue opere più
significative. |