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fino al 05.02.2006
Edouard Manet

Roma, Complesso del Vittoriano

Roma ospita, presso il Complesso del Vittoriano, una grande mostra "Impressionista"...


.. Dopo Henri de Toulouse Lautrec, Edgar Degas ed Edvard Munch torna al Complesso del Vittoriano l’appuntamento con le mostre monografiche. Protagonista è, questa volta, Eduard Manet, artista tra i più importanti del XIX secolo che, morto a soli 51 anni, rivoluzionò, attraverso la scelta di nuovi soggetti e di nuove formule compositive e cromatiche, le fondamenta stesse della pittura europea, diventando per naturale designazione il “padre dell’Impressionismo”.

Sebbene non partecipò mai alle mostre del gruppo, non espose insieme agli impressionisti, convinto com’era che l’unica via per affermare la nuova arte moderna fosse prendere parte ai Salon ufficiali, fu intimo amico di Monet, Renoir, Degas, Pisarro, si lasciò affascinare dalle poetiche di Charles Baudelaire e di Emile Zola, frequentò insieme a loro i circoli intellettuali della Brasserie des Martyres e del Cafè Guerbois dove nacquero i principi dell’Impressionismo. Condivise con il movimento l’amore per la società contemporanea, l’immediatezza con cui l’artista poteva e sapeva riprodurre, come in una fotografia, la realtà circostante, inoltre l’utilizzo di una tecnica pittorica (solo apparentemente) fugace, rapida e fatta di significativi, sapienti tocchi di colore. Tuttavia, nella sua arte, il passato rimase un costante punto di riferimento mai dimenticato e rinnegato, la sua tavolozza non si lasciò quasi mai completamente accendere dalle tinte chiare e sfavillanti degli altri impressionisti ma restò, anzi, di tonalità più cupe, perfino scure; la figura umana infine, nonostante la varietà dei soggetti affrontati, rimase tema centrale e privilegiato. Di duplice ed ambivalente natura dunque, la pittura di Manet poggiò saldamente sulla tradizione, sui modelli dei grandi artisti del passato, da Raffaello a Tiziano, da Rubens a Velazquez, da Murrillo a Goya, ma reinterpretò in chiave assolutamente moderna la lezione dei predecessori creando un linguaggio artistico del tutto nuovo.

Nato nel 1832 da una famiglia benestante dell’alta borghesia parigina, Manet intuì ben presto la sua vocazione per la pittura e, dopo una forzata, breve esperienza in Marina, voluta fortemente dal padre Auguste che si opponeva con rigidezza alle inclinazioni artistiche del figlio, cominciò nel 1850 l’apprendistato presso lo studio di Thomas Couture, pittore considerato scandaloso nella Parigi borghese e moralista di metà Ottocento. Iniziò poco dopo a viaggiare per l’Europa copiando i capolavori custoditi nei Musei più importanti e, in questo periodo, fu la pittura spagnola, dalle tinte scure, dai neri profondi, dai rossi accesi e dai soggetti inusuali a suscitare maggiore influenza sul giovane Manet. Seguì presto l’ininterrotto amore per la raffigurazione della figura femminile, del nudo in particolare, che si manifestò pienamente nel 1863 e nel 1865 con la creazione, rispettivamente, dei due capolavori Colazione sull’erba e Olympia, allora ferocemente criticati. Durante gli anni Sessanta, Manet si dedicò anche al genere della pittura di storia, delle marine, dei ritratti, delle nature morte; negli anni Settanta, la produzione più impressionista, le scene di vita borghese, la tecnica pittorica più sciolta e veloce che adoperò per reinterpretare temi già indagati in precedenza e che utilizzò fino al 1883, anno della morte.

Al Vittoriano la curatrice della mostra, Maria Teresa Benedetti, ha voluto investigare la trasformazione dello stile dell’artista dagli anni della formazione a quelli delle piena maturità attraverso l’esposizione di circa centocinquanta opere. Tuttavia, gli amanti della grande pittura di Manet rimarranno delusi in questa occasione: nonostante infatti la presenza di un cospicuo gruppo di dipinti, la grafica è la vera protagonista della mostra, il cuore del percorso espositivo, lo strumento attraverso il quale indagare lo spirito sperimentatore ed investigativo di Manet. Numerosissimi infatti i disegni, le acqueforti, le litografie, perfino alcune lastre di incisione originali, a testimoniare l’originalità dei temi trattati e l’importanza che Manet conferiva al primo e più importante strumento di un’artista, il disegno appunto.

Degni di nota e comunque sorprendenti sono, tuttavia, le Bagnanti sulla Senna dei primi anni Sessanta, da San Paolo del Brasile, omaggio inequivocabile a Ingres; il dipinto in prestito dal Museum of Art di Philadelphia Paesaggio marino con delfini del 1864 con prospettive incrociate e vibranti tocchi di colore che creano spazio, movimento e profondità e conferiscono alla tela, nonostante la quasi totale presenza dei soli nero, blu e bianco nelle loro sfumature, una speciale luminosità. Allo stesso modo, l’impressionistica Le rondini del 1873 dalla Collezione E. G. Bührle di Zurigo, affascinante scena all’aria aperta che ritrae la madre e la moglie del pittore. Infine, per la sua drammaticità e crudezza, il dipinto Il suicida, sempre da Zurigo, del 1877 – 81 interessante tela dall’inquadratura quasi cinematografica.

 Benedetta Bovoli 


Informazioni:

Luogo e durata: Roma, Complesso del Vittoriano – Via S. Pietro in Carcere. Dall’8 ottobre 2005 al 5 febbraio 2006

Orari: dal lunedì al giovedì 9,30 – 19,30; venerdì e sabato 9,30 – 23,30; domenica 9,30 – 20,30

Ingresso: intero euro 9,00 – ridotto euro 7,00

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