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La Galleria, così come il Museo, prendono il nome dal
Casino Borghese, edificio voluto dal Cardinale Scipione
Caffarelli Borghese nel ‘600 proprio con l’intento di
collezionarvi una preziosa raccolta di opere d’arte.
Fu infatti in questa suggestiva location- definita a suo
tempo dal Canova come “la villa piu’ bella del mondo!” -
che l’artista, grazie al sostanzioso numero di opere
prevalentemente cinquecentesche in esso conservate, ebbe
modo di approfondire i suoi studi e la sua dedizione per
l’antico.
Fu a causa di questo legame che univa il Canova alla
Residenza che, la decisione presa nel corso del ‘700 da
parte di Camillo Borghese di cedere - alla Francia di
Napoleone - gran parte delle opere in essa contenute,
venne definita dallo scultore come una “inaccettabile
vergogna”.
Ma è proprio per sottolineare il rapporto tra la
famiglia dei Borghese e l’artista, che si è deciso di
esporre qui uno dei suoi maggiori capolavori, ovvero il
ritratto divinizzato della moglie di Camillo Borghese,
Paolina.
La scultura presente la donna distesa su di un fianco
che - con gesto grazioso - tiene in mano il pomo della
vittoria offerto da Paride alla dea considerata da lui
come la più bella.
La figura è ritratta adagiata su di un divano con sponda
rialzata; Paolina ha il busto sollevato ed un drappo che
le copre appena la parte inferiore del corpo lasciando
segni di una velata sensualità, mentre il volto e le sue
sembianze sono idealizzate a tal punto da collocarla in
una realtà altra.
In quest’opera piu’ che mai si fa presente ed evidente
il concetto di “grazia” percepita dall’artista come
qualità intellettuale piu’ che fisica e che porta
l’osservatore a trovare nella figura una bellezza ideale
in cui è lontana l’ esagerazione e la fantasia barocca e
vige piuttosto l’equilibrio, affiancato da carnosi corpi
che celano un velato erotismo.
Ricordiamo infatti che in ogni sua creazione è spesso
papabile l’insegnamento neoclassico di Winckelmann dove
la spiritualità e la rappresentazione del vero sono
piacere ed intelletto e non mera sensualità fine a se
stessa.
Anche in Paolina Borghese dunque, Canova riporta la resa
stilistica alla realtà (nonostante la raffigurazione
divina in veste di Venere Vincitrice) cospargendo le
parti nude con cera rosata che, sulla superficie
levigata, riportano l’immagine al mondo terreno.
Ma l’allestimento dell’evento è anche stimolo ed offre
ai visitatori l’opportunità di ammirare e confrontare
numerosi capolavori esposti: è il caso delle opere
berniniane –esempi e impulsi per Canova – o le “figure
giacenti”, “le Veneri” e “gli amorini” dello scultore
che insieme ai suoi bozzetti, disegni e dipinti sono
dimostrazione del percorso evolutivo di un artista in
continua crescita, che seguendo preziosi esempi del
passato e significativi artisti del suo presente, arrivò
a fare della materia ciò che piu’ desiderava, corpo,
carne e realistica materia.
Irene Di Biagio |