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L’evento – come in una vera e propria
antologica di un indiscusso talento - fa seguito ad una
prima tappa, quella milanese, tenutasi fino allo scorso
4 febbraio presso la Fondazione Stelline ed il Museo
della Permanente del capoluogo lombardo e che ha visto
il coinvolgimento dell’intero tessuto urbano fortemente
caratterizzato dall’artista sia in opere pubbliche che
private.Le opere raccolte per l’occasione
coprono un lungo periodo creativo dell’artista, dal 1913
al 1947 e provengono da importanti raccolte anche
private: alcune di queste creazioni vengono presentate
come serie iconografica, a testimonianza di una
incredibile evoluzione formale e stilistica del Martini.
L’intento è di presentare l’unicità
delle sue linee e della resa espressiva dei materiali da
lui trattati fino al compimento dell’ opera
universale,come usava egli stesso definirla.
Egli sostiene infatti che ogni materiale è “possibile” pertanto non è la grandezza né la
consistenza a fare la differenza bensì l’opera stessa,
insita nella materia da cui proviene: l’immagine dunque
concepita come sua stessa risultanza. Per poter meglio
comprendere il pensiero dell’artista, è importante
ricordare alcuni tratti della sua formazione: i numerosi
studi svolti presso fabbriche di ceramiche lo portarono
ad una completa dedizione per la materia ed in
particolare per la creta e la sua malleabilità cosi come
la curiosità per l’antico mondo greco ed etrusco ne
influenzarono la meticolosità e la metodica. Questa esposizione mette in luce
alcuni esempi della sua arte che trae dal passato
interessanti stimoli ma ne esce rivoluzionata, plasmata
ed elaborata sotto forma di azzardi e moduli plastici
innovativi per un Novecento ancora fortemente legato a
canoni classici e leggi rigorose circa la lavorazione
della materia.
Arturo Martini è dunque presentato
come esempio assoluto della scultura del XX secolo e,
vertice indiscusso di studio e di qualità espressiva,
dimostra abilità e naturalezza estrema nel plasmare la
materia con chiarezza e suggestivo effetto. Interessante esempio per meglio
concepire il suo espressionismo è, nella mostra di Roma,
la tematica de La Sete.
L’artista trasse spunto –per il
soggetto - dagli scavi archeologici di Pompei, durante
una sua visita negli anni ’30, e presto rielaborò quella
figura sofferente ed esigente con un impressionante
risultato.
E partendo da un primo elaborato, in
cui la sete appare come condizione fisica si giunge, nel
1936 ad una nuova versione, dove La sete è condizione
umana e metafora al contempo, si tratta di desiderio e
sofferenza che spinge ad una continua ricerca ed è la
componente psicologica a determinare la raffigurazione
finale. Sconvolgente è dunque l’originalità
della resa che, soprattutto nelle opere di minor
dimensione, raggiunge grande autonomia; Altro splendido
capolavoro in mostra, è La Pisana, figura femminile
soave,assopita e sensuale, ispirata all’eroina delle
confessioni di Ippolito Nievo: l’immagine, nuda e
raccolta è incantevole nella sua delicatezza e la
superficie appare levigata e curata in ogni sua
curvatura. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna
si presta dunque per un percorso scultoreo di estremo
fascino, inserito inoltre nello scenario romano che
molto incise sulla realtà di Martini durante le fasi
determinanti della sua formazione artistica.
Irene Di Biagio |