La mostra presenta a Roma una selezione di dipinti della Accademia Carrara di particolare importanza: un avvenimento reso possibile dalla chiusura temporanea del Museo per lavori di ristrutturazione, iniziati nel giugno 2008 e la cui conclusione si può prevedere entro il 2013.
Questa circostanza straordinaria ha dato avvio ad una serie di iniziative di valorizzazione e studio del patrimonio dell’Accademia Carrara con esposizioni di gruppi di opere presso altri musei, con la pubblicazione di cataloghi e in alcuni casi la realizzazione di restauri.
La mostra prevista per Roma è stata pensata per proporre ai visitatori un percorso nella pittura veneta come è rappresentata nella Accademia Carrara, dal Quattrocento al Settecento, cioè da Pisanello a Tiepolo. E’ noto che questa è una delle linee di scuola pittorica regionale più ampiamente presenti nelle collezioni del museo, in relazione alla storia culturale e politica di Bergamo, a lungo legata a Venezia e parte del territorio della repubblica Serenissima proprio nel periodo di quattro secoli preso in considerazione.
La mostra sarà curata dal Professor Giovanni Villa Docente presso la Facoltà di Scienze Umanistiche dell’ Università degli Studi di Bergamo.
LA MOSTRA
Da Pisanello a Tiepolo l’esposizione presenterà esattamente ottanta dipinti dell’Accademia Carrara, tavole e tele, scalati in modo omogeneo lungo tutto questo periodo.
Si inizia con la fase che ruota attorno alle personalità celeberrime di Giovanni Bellini e Carpaccio, nella seconda metà del Quattrocento, con lo sviluppo della linea del Rinascimento settentrionale, per via cromatica e luministica anziché prospettica come a Firenze. La grande stagione rinascimentale cresce a Venezia nel primo Cinquecento e dura poi più a lungo che nel resto d’Italia grazie all’indipendenza politica della Serenissima.
Le opere di Tiziano e Palma il vecchio raccontano questa fase splendida, insieme con quelle dei Vivarini, Bartolomeo e Alvise, oppure di Cariani e Previtali, e ancora di Basaiti o Cavazzola.
Protagonista a Venezia e a Bergamo di questa stagione è ovviamente Lorenzo Lotto, e dopo di lui anche a Bergamo si sentono i riflessi della grande maniera veneta, con le opere di Tintoretto e Veronese, dei Bassano e di Paris Bordon, che portano avanti quasi fino alla fine del Cinquecento le estreme raffinatissime variazioni sul tema rinascimentale.
Più complessa e meno conosciuta è la stagione seicentesca a Venezia, che invece merita di essere riscoperta per il suo fascino colto e di nuovo per l’importanza delle sue conseguenze su Bergamo.
Questa epoca è quella della riscoperta di Giorgione e di un nuovo classicismo letterario che recupera aspetti del primo Rinascimento. Così Padovanino rievoca i fasti di Tiziano, Carpioni dipinge scene classiche, e pittori come Ridolfi o Pietro Vecchia reinterpretano con eleganza temi ispirati ad un revival convinto recupera aspetti formali e di contenuto.
Terza e ultima grande stagione di questa vicenda quella del Settecento: notissimo e celebrato il secolo della fine di Venezia presenta una incredibile varietà di interpretazioni del mondo figurativo.
Capolavori straordinari si incontrano nella pittura sacra di Tiepolo, ma al tempo stesso si sviluppa lo sguardo oggettivo sul mondo che si manifesta nella resa precisa e ottica dei vedutisti: Carlevarijs per primo e poi Canaletto e Guardi, e infine Bellotto sono i protagonisti di questa nuova attenzione che costituisce un aspetto del tutto particolare della nuova cultura laica e razionale.
La chiusura del percorso con Pietro Longhi segna ancora una volta il contatto con il mondo della letteratura, la commedia veneziana di Goldoni in questo caso, che sembra essere costantemente una linea parallela a quella del mondo figurativo.
GLI SCAMBI ARITSTICI
La lunga familiarità dei bergamaschi con Venezia si è articolata in molti aspetti che hanno avuto immediati riflessi anche sulle vicende della storia dell’arte.
Da un lato infatti è frequente la presenza a Bergamo di artisti originari di Venezia o del Veneto: Lotto sicuramente il più noto tra tutti questi, ma anche Capella, Diziani o altri. Dall’altro si intraprende la via al contrario dei bergamaschi che si recavano a studiare pittura a Venezia, assorbendone modi e cultura: ad esempio Cariani, Previtali, o Fra Galgario.
E poi si deve ricordare il fenomeno dei lavoratori di Bergamo che andavano a Venezia come operai o artigiani e, una volta raggiunta una certa agiatezza, si ricordavano dei paesi natii inviando là opere di pittura importanti e di grande effetto, come ad esempio il polittico di Cima da Conegliano a Olera o i diversi polittici di Bartolomeo Vivarini per Almenno.
Dunque una mostra della pittura veneta dell’Accademia Carrara ha il significato principale di evidenziare una lunga storia di cultura artistica condivisa che ha avuto nel tempo diverse sfaccettature.
Ultima e conclusiva tra queste linee di scambio continuo, sicuramente l’età del collezionismo settecentesco ha chiuso degnamente la vicenda degli scambi artistici tra Bergamo e Venezia. Infatti il Settecento è al tempo stesso il secolo dell’ultima grande stagione artistica veneziana, con Piazzetta, Tiepolo, Canaletto, Guardi, Bellotto, e quello della fine della secolare autonomia della città con la conquista napoleonica.
Ma proprio nello stesso secolo un collezionismo intelligente come quello di Giacomo Carrara recupera e valorizza questa lunga tradizione di scambi artistici. E’ soprattutto infatti nella collezione Carrara all’interno dell’Accademia Carrara che è predominante la presenza di pittura veneta, in coerenza con l’intento illuminista e razionale del conte di voler documentare la storia pittorica del territorio bergamasco e quindi, implicitamente, dell’influsso veneziano su questo contesto.
I RESTAURI
In occasione della mostra alcune delle opere dell’Accademia Carrara verranno restaurate. E’ infatti uno dei problemi più evidenti nella conservazione del patrimonio del Museo quello della mancanza di una sistematica manutenzione sui dipinti, risalendo in sostanza l’ultima grande campagna ai restauri di Mauro Pellicioli negli anni Trenta.
Ciò non significa che non siano stati intrapresi nei decenni, da allora ad oggi, restauri anche molto importanti: ma certo l’occasione di una mostra di questa importanza permetterà di mettere mano ad una serie di interventi ormai necessari.
Sarà questo anche uno degli aspetti di maggior interesse del catalogo della mostra, dove si potranno illustrare i restauri attuati, con i relativi risultati anche sul piano delle indagini scientifiche ottiche e chimiche.
IL CATALOGO
In occasione della mostra sarà realizzato un catalogo edito da Silvana Editoriale dei dipinti esposti, con schede scientifiche corredate della bibliografia aggiornata, in modo da proseguire nel percorso di approfondimento degli studi già iniziato con le mostre precedenti e tenendo conto che queste nuove analisi storico-artistiche costituiscono un momento fondamentale di aggiornamento e di conoscenza sul patrimonio del Museo, tanto più utile in quando ad oggi un catalogo dei dipinti esiste, ed è ormai abbastanza datato – del 1986 – per i soli 120 dipinti della collezione Morelli.
Fonte:
www.chiostrodelbramante.it
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