Eppure, la sua intera parabola artistica rimane poco conosciuta, sacrificata dalle regole di "congelamento" della grande madre Russia sotto il regime di Stalin. Resta famosa e, ancora avvolta dal mistero, la vicenda del 1927. Malevic esponeva le sue opere, figlie delle rivoluzionarie teorie contenute nel suo libro "Il mondo come non-oggettività" pubblicato dal Bauhaus, nell'antologica in tournée tra Varsavia e Berlino. Proprio qui, ricevette la misteriosa lettera che lo richiamava urgentemente in Russia, dove ritornò il 5 giugno, lasciando però i dipinti oltrecortina all'architetto Hugo Haring - opere tenute nascoste per tutta la seconda guerra mondiale fino all'inizio della guerra fredda, quando vennero acquistate in blocco dallo Stedelijk Museum di Amsterdam. Tutta questa produzione precedente al '27 venne presentata al pubblica solo nel '59 in una mostra che toccò varie città, tra cui Roma sotto la cura di Giovanni Carandente. Ma di tutto quello che Malevic realizzò nell'amata-odiata Russia dal '27, nulla se ne è saputo, né si è visto, fino agli anni Novanta.
La mostra romana vuole risolvere questo gap epocale. Vuole dare una visione complessiva e inedita della sua produzione, svelandone esiti anche sconcertanti e apparentemente incoerenti rispetto al credo suprematista, e assecondando un'evoluzione contorta e spiazzante di questo artista. Il percorso esordisce, infatti, con studi per l'affresco "Il trionfo del paradiso" (1907) infarciti di un simbolismo edulcorato quasi di scuola Nabis, alla maniera di Denis e Bonnard. Si attraverso la ricerca cubo-futurista del "Ritratto perfezionato di Ivan Kljun" del '13, dove le sembianze umane sono evocate dalla combinazione in simultanea di forme e colori, per poi approdare al suprematismo più efferato e seducente, con "Supremus n. 56" del '16, dove le forme disposte nello spazio della tela seguono un asse diagonale che imprime alla scena un forte senso dinamico, opera singolare perché può essere esposta in due posizioni diverse, con l'alto e il basso equivalenti.
Kazimir Malevic
Sportivi, 1928-32
Spicca il trittico del quadrato, croce e
cerchio neri, che incombono come un
messaggio messianico, tant'è che Eugenia
Petrova, citando gli scritti di Malevic,
le definisce opere che esprimevano la
sua concezione dell'immagine di Dio in
rapporto con l'Universo e con l'Uomo.
Dopo l'apoteosi mistica di un assoluto
astratto, ecco che Malevic comincia a
ricucire gradualmente un figuratisvismo.
E' la sua arte dopo il famoso '27, che
canta un paesaggio campestre russo
affollato di contadini secondo un
vocabolario geometrico, alla Leger.
D'una sintassi primitiva è la "Testa di
contadino" del '29, un volto austero
costruito per superfici rosse che si
intersecano dove il rigore geometrico è
sbilanciato sullo sfondo dall'immagine
di aeroplani in volo, che appaiono come
un'inquietante dissonanza. Tra folclore
russo degli abiti e sacralità
metafisica, sfilano le figure di
atleti-manichini senza volto di
"Sportsmen" del '31, che dialogano con
le altre figure femminili, come
silhouette d'atelier arcani e surreali.
E poi lo shock. Quello degli ultimi
quattro anni di produzione all'insegna
del figurativo più figurativo, quasi
neorinascimentale, con quell'"Autoritratto"
del '33 dove Malevic si immortala per i
posteri come un novello Cristoforo
Colombo. Una delle opere più disperate e
intriganti di Malevic, più complesse sul
piano dei significati. Alla base del
quadro, c'è il recupero della concezione
rinascimentale dell'uomo, il volersi
aggrappare disperatamente a quei valori
di nobiltà e ricchezza interiore tanto
esaltati nel Quattrocento fiorentino. E
il volto segnato da una leggera smorfia
di sdegno e offesa che Malevic si incide
sulla tela è rivolta a quella società
contemporanea russa che ha messo in
discussione la sua scoperta artistica,
così come il grande scopritore del nuovo
mondo fu assoggettato dal grave senso di
fallimento e impotenza al suo ritorno.
Notizie utili
- "Kazimir Malevic. Oltre la
figurazione, oltre l'astrazione", dal 23
aprile al 17 luglio 2005. Museo del
Corso, Via del Corso, 320. Roma. La
mostra è curata da Claudia Beltrame
Ceppi Zevi e Evgenija Peltrova.
Orario: martedì-domenica, 10- 20, lunedì
chiuso.
Biglietti: intero €7,50, ridotto €5,
scuole €3,50.
Informazioni: 06-6786209.