Nasce così la più
rilevante raccolta di opere pittoriche di
Guttuso esistente, sia per qualità delle
opere, sia per l'ampiezza d'arco cronologico
d'attività documentato, che può confrontarsi
in Italia soltanto con la “Donazione Guttuso”
alla Galleria Nazionale D'arte Moderna fatta
dal figlio Fabio Carapezza Guttuso.
La collezione, attraverso numerosissimi
capolavori e testi capitali per la sua vicenda
creativa, documenta la ricerca pittorica di
Guttuso dall'intensità espressiva del momento
formativo, nell'affacciarsi agli anni Trenta,
al vitalismo rinnovato della stagione sua
ultima, oltre la piena maturità. Una
collezione per molti aspetti indubbiamente
“strepitosa” (come sottolinea più volte il
curatore nel suo testo), nata da un profondo
legame d'amicizia con l'artista, da una sorta
di esclusivistico innamoramento culturale, che
ha portato ad un impegno collezionistico del
tutto mirato, divenuto quasi una “missione” in
un'evoluzione di interesse dall'attualità del
suo lavoro alle vicende storiche di questo.
Il nucleo di opere propone numerosissimi testi
pittorici sostanzialmente imprescindibili per
chi voglia ripercorrere la vicenda creativa
guttusiana nelle sue molteplici diverse
stagioni.
In particolare è composta da memorabili
“nature morte” degli anni Quaranta - fra
realismo organolettico e narrativo postcubista
(quali Natura morta con drappo rosso, 1942, e
Grande natura morta con la scure, 1947) -, da
personaggi del “realismo sociale”, e poi di
quello “esistenziale” degli anni Cinquanta
(come Pescatori in riposo
, 1950, e Uomo che mangia
gli spaghetti, 1956), a situazioni del suo
particolare “realismo memoriale” e di libertà
evocativa visionaria (quali Armadio realista,
1966, importante pagina dell'Autobiografia, o
Stiratrice e ragazzo di Caravaggio, 1974, o i
grandi nudi degli anni estremi: Gineceo 1,
1985, e Gineceo 2, 1986, e Nudo – Ombra di
Allen Jones, 1985).
La collezione Pellin inoltre può vantare la
presenza di due opere di grandi dimensioni Van
Gogh porta l'orecchio tagliato al bordello di
Arles, 1978, o ancora Spes contra spem, 1982.
Quest'ultimo è un quadro di grande bellezza e
intensità: una grande allegoria autobiografica
fondata sul passo acuto della memoria che
costituisce il maggior teatro pittorico
guttusiamo degli anni fra la fine degli anni
Settanta e l'inizio degli Ottanta; l'esito più
intenso e maggiormente felice dell'ultima sua
stagione creativa.
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