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alla fine del Novecento e presenta cinquanta artisti
selezionati attraverso ottantadue capolavori; le opere,
esposte fino al 5 giugno 2005,
arrivano dai musei Guggenheim di New York, Bilbao e Venezia, e
raccontano ai visitatori l'avventura di due grandi
collezionisti, Solomon e Peggy Guggenheim, zio e nipote, che
nel Novecento diedero vita a due straordinarie raccolte
private divenute poi il nucleo dei tre importanti musei sopra
citati.
Curata da
Lisa Dennison, la mostra è organizzata dal Solomon R. Guggenheim
Museum di New York in collaborazione con Azienda Speciale
Palaexpo e MondoMostre: per la prima volta sono presentate nella
stessa sede opere collezionate dai due Guggenheim insieme con
altre confluite nei musei da loro fondati e provenienti dalle
raccolte Thannhauser, Nierendorf, Panza di Biumo.
Tutto
ebbe inizio quando l'industriale d’origine svizzera Solomon
Guggenheim, sposato con Irene Rothschild, conobbe la giovane
pittrice Hilla Rebay, che divenne ben presto la consulente
artistica dei coniugi accompagnandoli, nel 1929, nel primo di
una serie di viaggi in Europa alla scoperta degli ateliers degli
artisti. Trent'anni dopo, nel 1959, sarebbe stato inaugurato
sulla Fifth Avenue il Solomon Guggenheim Museum, “l’imbuto a
spirale” creazione dell'architetto Frank Lloyd Wright.
La nipote Peggy, protagonista della vita culturale parigina
negli anni Venti, costituì ben presto una propria collezione
seguendo i suggerimenti di Marcel Duchamp. Moglie di Max Ernst,
raccolse inizialmente opere d'arte astratta e surrealista per
poi rivolgersi all'arte americana, essendosi trasferita, a causa
della seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti nel 1941. In
America scova l'arte di Mark Rothko, Robert Motherwell ma,
soprattutto, di Jackson Pollock, che proprio grazie al suo
sostegno economico muove i primi passi sulla scena artistica
internazionale. Alla fine della guerra, la Guggenheim si
stabilisce a Venezia, in Palazzo Venier dei Leoni sul Canal
Grande, oggi sede del museo a lei intitolato.
I
Guggenheim possono essere paragonati ai Giustiniani, la nota
famiglia di mecenati seicenteschi, animati come loro da denaro e
passione per l'arte, ossessionante collezionismo, gusti
avant-guard e fiuto impeccabile.
Se
si dovesse istituire una comparazione, vedremmo che al pari
degli illustri predecessori italiani, ebbero acutezza d'ingegno
nel rivolgere lo sguardo al contemporaneo, al loro presente;
come i Giustiniani navigarono tra i Caravaggio e i Carracci,
ammaliati dalle conquiste del realismo e del classicismo, i
Guggenheim si lasciarono sedurre da Kandinskij, Pollock,
Mondrian ed Ernst. Più saggi e accorti dei Giustiniani però, i
Guggenheim riuscirono a non disperdere il loro patrimonio d'arte
e ad incastonarlo in prestigiosi musei.
La mostra
apre le sale con la stagione dell'Impressionismo presentando
alcuni capolavori di Manet, “La donna in abito da sera” e
“Davanti allo specchio”, Renoir, “La donna con pappagallo”,
Monet con il “Palazzo ducale”, Cezanne, “Jas de Bouffan”, Van
Gogh, “Paesaggio con Neve”. Si prosegue cronologicamente con il
Postimpressionismo di Seurat, il genio di Picasso precubismo, di
cui si può ammirare la poetica “Fernande con una mantiglia nera”
e “Donna dai capelli gialli”, scelta come manifesto della
mostra.
Per
rappresentare il Cubismo sono stati scelti “Violino e tavolozza”
di Braque, “I Fumatori” di Leger, Delaunay, fino ad arrivare
all'astrattismo di Mondrian e al futurismo italiano di Balla.
L'interesse dei Guggenheim non si limitava, infatti, alla sola
arte prodotta a Parigi, ma ai contemporanei sviluppi in Italia,
Russia, Olanda, Germania, con acquisizioni di opere di Chagall,
Marc, Kandinsky, Klee.
La Metafisica e il Surrealismo sono documentati dai capolavori
della quinta sala, dovuti a maestri come De Chirico, Ernst (
apprezziamo in esposizione Il bacio del marito, in cui si
ritrovano richiami alla Madonna e Sant’Anna di Leonardo che
Freud – uno degli autori fondamentali per i surrealisti – aveva
analizzato in chiave psicosessuale), Delvaux, Dalì, Tanguy,
Mirò.
Al secondo piano delle Scuderie sono esposte le creazioni degli
anni Trenta di Picasso e Mondrian, per poi arrivare al
dopoguerra con Lazlò Moholy-Nagy, Alexander Calder,
all'informale di Dubuffet, per proseguire con Giacometti,
Hartung, Jorn, Appel.
Infine l'arte americana, una delle passioni di Peggy Guggenheim,
con i lavori di protagonisti come Rothko, Motherwell, Sam
Francis, Pollock. Di quest’ultimo ammiriamo “Grigiore d'Oceano”,
uno dei suoi ultimi lavori, di cui lui stesso disse “quando si
dipinge con il subconscio è inevitabile che emergano delle
figure”.
Chiudono il percorso il Neo-Dada e la Pop Art: da Robert
Rauschenberg e Jasper Johns a Roy Lichtenstein e Andy Warhol,
con la drammatica sequenza dedicata alla sedia elettrica, del
1963, e l'autoritratto del 1986, realizzato da Warhol un anno
prima della morte.
Alessandra
Russotti
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